"Benvenuti nel mio laboratorio! Benvenuti nella bottega del Druido!"
Era un giorno di Maggio di qualche anno fa quando decidemmo di partire; i soliti zaini in spalla, scarpe comode, bastoni e provviste sufficienti per qualche giorno di cammino. Avevamo con noi il taccuino rosso sbiadito dove per un anno intero avevamo annotato ogni indizio o suggerimento o indicazione trovata nelle nostre ricerche; c'erano disegnate mappe fatte da noi, indizi e rompicapi celati in racconti epici o fantascientifici, da Giulio Verne a Tolkien avevamo scandagliato accuratamente ogni particolare. La metà? Improbabile e surreale lo scopo del nostro viaggio era trovare l'ultimo avamposto druidico delle terre del Nord situato all'incirca nei boschi al confine tra Germania e Danimarca.
La Jeep che avevamo affittato all'aeroporto era parcheggiata ai bordi di un bosco impervio da li si poteva solo camminare, scalare due colline, attraversare una valle superare una cascata sulla destra e mirare dritti ai piedi di una montagna per poi attraversare un foltissimo bosco che si trasformava in palude.
Dopo quattro giorni di cammino ecco i primi segnali, incominciavamo a intravedere piume di falco e di gufo appese ai rami con finissime corde, piccoli teschi di animali appoggiati sapientemente su cumuli di pietre e antiche rune scolpite nella roccia ci segnalavano che stavamo entrando in un luogo sacro e protetto. Dopo pochi passi due figure sottili con ampi mantelli e cappucci apparvero alle nostre spalle, fu difficile comunicare, provammo ad adoperare un dizionario di gaelico che avevamo portato con noi ma il latino studiato al liceo fu provvidenziale. Spiegammo loro la nostra natura raminga e il nostro profondo desiderio di rivelare al mondo che la magia esiste e si pratica ancora ma fu una runa tatuata sul mio polso a permetterci di entrare perché i cerchi druidici sono associati a delle rune e, per destino o per magia, quella runa che una notte di ferragosto, a Londra, mi feci tatuare sul polso era la stessa che portavano loro al collo.
Scavate in cumuli di terra e ricoperte di muschi e erbe selvatiche piccole porticine di legno e corteccia indicavano delle abitazioni ed eccoci davanti alla porta che ci avevano indicato, li avremmo trovato la nostra guida, colui che ci avrebbe ospitato e mostrato ciò che potevamo vedere di quel luogo così antico e ciò che potevamo sapere di quella gente così riservata.
Una porticina di legno chiusa da un chiavistello, una di quelle serrature che per aprirle serve una grossa chiave di ferro, socchiusa...Una piccola spinta alla porta e si apre davanti ai nostri occhi una grande stanza, pietra per terra e pareti di roccia ricoperte da scaffali. In un angolo un piccolo lavandino con a fianco uno strano fornello che faceva una fiamma unica blu intenso. Gli scaffali pieni di boccette colorate, grandi vasi in ceramica e in vetro ognuno con la sua etichetta: elicriso, tarassaco, ortica, calendula, sidro...al centro della stanza un grande tavolo di marmo stranamente sgombro e sulla parete di fronte un altro tavolo pieno di alambicchi delle più svariate forme e dimensioni...odori di erbe e fiori ma anche di aceto riempivano l'aria...

